Dalle sabbie di Marte ai deserti della Terra, dal Cosmo al cuore diffuso del Sud Globale: un approccio innovativo agli habitat del Pianeta resi inospitali dalle azioni, consapevoli o meno, connaturate alle dinamiche umane dominanti.

di Paola Ruotolo.

La visione di Sud Globale a cui aspira la società contemporanea non è strettamente geografica. Comincia a prendere forma la consapevolezza di dinamiche accelerate, diffuse, senza confini facilmente determinabili. Soggette, in alcuni casi, a ribaltamenti relativamente rapidi.

Ne discende la necessità di uno sguardo ampio, quasi simultaneo, dotato di una perpetua attenzione ai mutamenti e alle interazioni reciproche tra le aree svantaggiate e le potenze mondiali – poste davanti alle proprie responsabilità acclarate e alle conseguenze del cosiddetto capitalismo globale.

L’Africa è il continente che rappresenta, nell’immaginario comune, il luogo della carità e del soccorso, ma, in realtà, costituisce il cuore della resilienza. Sicuramente ogni azione di contrasto alla disuguaglianza si ripercuote positivamente sull’intero sistema economico e sociale e non solo sugli immediati beneficiari. Bisogna dire, però, che molti gruppi autoctoni dell’Africa subsahariana, negli ultimi anni, si sono rafforzati e legati, sempre di più, a movimenti sociali transnazionali.

L’importanza geostrategica di queste terre, in quanto luoghi chiave di complesse interazioni d’interessi, di politiche di potere ed espansione, in varie sfere d’influenza, ha innescato un notevole e repentino processo di sviluppo, da gestire responsabilmente, applicando efficaci strategie ibride, tra concezioni tecnologiche d’avanguardia e know how che abbraccino tradizioni e materiali locali (n.d.a. si rimanda al catalogo della mostra per ulteriori approfondimenti).

Per la sezione Sud Globale/Global South del Padiglione Italia 2021 ho selezionato alcuni significativi progetti sperimentali di architetti italiani sui temi della resilienza, caratterizzati da approcci differenti, ma, sostanzialmente, integrati alle reali potenzialità delle comunità autoctone.

Notevole ed inedito il particolare contributo dell’architetto e designer Arturo Vittori che dedicherà alla Biennale di Architettura di Venezia una vera e propria costruzione a migliaia di chilometri di distanza: il suo ultimo prototipo in progress in Camerun, intitolato «Warka Water Tower Padiglione Italia 2021».

L’attenzione alle risorse energetiche e, soprattutto, alle persone – all’interazione del corpo umano con lo spazio, al benessere fisico e psicologico, alla soggettiva ed articolata percezione dell’ambiente – costituisce da sempre il cuore della ricerca di Vittori, indissolubilmente connessa alle emergenze umanitarie e alla comprensione delle molteplici complessità del legame reciproco uomo/natura.

Allo stesso tempo, una forte e precoce sensibilità verso problematiche avveniristiche – metabolizzate ed affrontate solo negli ultimi anni dal design architettonico diffuso – accompagna Arturo Vittori in un viaggio iperbolico che passa dallo SpaceGate (“contraendo” il cielo), all’aeromobile suborbitale TalisEnterprise, ai rover per la Luna e per Marte, toccando poi, infine, la terra arida dei nostri deserti, le vette di creste ghiacciate e tante altre aree caratterizzate da condizioni estreme. Diversi habitat terrestri, insomma, resi inospitali dalle azioni, consapevoli o meno, connaturate alle dinamiche umane dominanti.

Il suo percorso progettuale unisce, dunque, la proiezione nello Spazio, verso tecnologie altamente innovative, ad una linea delicata, artistica, tessuta di materiali leggeri, unità itineranti di sopravvivenza e soccorso, dispositivi essenziali, in armonia con l’equilibrio fragile, straordinario, del nostro ecosistema. La splendida, quasi immateriale BirdHouse, ad esempio, sorge come un prodigioso filo d’erba nel deserto, proteggendo con il suo altissimo stelo, studiato nei minimi dettagli, un nido in mezzo al nulla, un riparo inaspettato ed accogliente per gli uccelli migratori in volo.

“Fiorisce”, così, la prima Warka Tower per la raccolta di acqua potabile e ne deriverà negli anni il progetto Warka Water Inc., sviluppando la gestione di un sistema connesso di interventi di rigenerazione territoriale ben più articolata.

In seguito a sopralluoghi di studio dell’habitat, tessendo una stretta relazione con la cultura della popolazione residente e assimilando le attitudini sociali e naturali locali, viene stabilito con cura il sito per l’elevazione della torre che s’inserisce come una presenza leggera e bizzarra. La Warka Tower, infatti, nasce come una struttura verticale dal design empatico, gioioso e funzionale al tempo stesso, composta da più elementi assemblati direttamente nel luogo prescelto da un team di 16 persone in un’unica giornata di lavoro. Il processo messo in atto da questo dispositivo modulare s’ispira proprio alle creature animali e vegetali in grado di raccogliere e conservare riserve d’acqua in ambienti ostili alla vita, dunque, oltre a convogliare la pioggia, cattura le particelle acquose, contenute nella nebbia e nella rugiada.

È realizzata con materiali biodegradabili e riciclabili al 100% ed è progettata per essere facilmente costruita e conservata dalle popolazioni locali stesse, senza l’ausilio di utensili che necessitino di energia elettrica.

La filosofia della Warka Water inc. implica una conoscenza approfondita dell’artigianato locale, delle tecniche costruttive, dell’architettura vernacolare e delle antiche tradizioni, proprio per utilizzare, di volta in volta, fibre naturali, intrecci e metodologie diverse: dal 2012, infatti, sono stati elaborati numerosi prototipi della torre, definiti appositamente in base alle diverse caratteristiche ambientali.

La Warka Water in sé, oltre a porsi come dispositivo per l’approvvigionamento di acqua potabile, offre un riparo ombroso concreto e simbolico al tempo stesso, proprio come un grande albero accogliente, attorno al quale la comunità può radunarsi per svolgere le proprie attività, dedicarsi all’istruzione e agli incontri pubblici.

Non a caso, dal progetto di questa torre, è nata l’esigenza di sviluppare un sistema di più ampio respiro che ha portato al concepimento del Warka Village.

Si tratta di un particolare insediamento abitativo volto, principalmente, al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, attraverso la realizzazione di case/capanne, disegnate in base alle precise esigenze di ogni gruppo indigeno, di una zona comune per la cucina in condizioni di sicurezza, di un giardino destinato alle colture, razionate e proporzionate al fabbisogno degli abitanti, e di altri accorgimenti atti a sostenere la sussistenza e il progresso di popolazioni ormai fortemente vessate dalle dinamiche invasive del mondo occidentale.

Il Warka Village, quindi, si concretizza attraverso un insieme di processi interconnessi, divenendo una carica decisiva, una scintilla che innesca una “nuova tradizione” costruita insieme alle persone interessate, con abilità acquisite e sedimentate, nelle forze e nei ruoli del singolo, per raggiungere una dignità e, soprattutto, un’indipendenza collettiva.

La Warka Water Inc. opera in Etiopia, Haiti, Togo ed in particolare, al momento, in Camerun, persegue l’obiettivo di sostenere due diversi gruppi etnici: i Pigmei e i Mbororo, entrambi pesantemente discriminati e isolati a causa della loro differenza culturale e sociale.