Abbiamo ormai tutti compreso che il mondo in cui ci troviamo a vivere è in continuo cambiamento e che il climate change ha avuto, in modo particolare negli ultimi anni, un’accelerata evidente.
di Paola Corrias
Qualcuno ha utilizzato la parola LIQUIDO, attribuendo ad essa una nuova accezione affiancandola, ad esempio, al termine modernità. Questo qualcuno ha poi definito quella contemporanea una società liquida. Si tratta di una forma impossibile da definire se non prevedendo in essa una componente di variabili x, esse stesse il più delle volte non prevedibili. Sia alla grande scala che alla micro scala la liquidità è ormai sempre presente. La grande scala interessa la comunità globale, si passa poi per le piccole comunità fino ad arrivare all’unità minima delle micro comunità, l’individuo, che a me piace chiamare l’animale umano.
In un momento in cui i vecchi porti sicuri, strutturati e solidi, hanno perso totalmente la loro valenza di verità assolute e certezze non resta che assecondare il continuo cambiamento. La realtà, oggettiva e percepita, cambia e noi dobbiamo cambiare con essa, aderendovi, possibilmente alla stessa velocità.
Rapidi.
Per adeguarci al cambio imperterrito del contesto in cui siamo costantemente immersi, dobbiamo di volta in volta modificare qualcosa di noi stessi, adattarci, trovare sempre nuove soluzioni, mettere da parte un concetto che abbiamo imparato nel corso della storia ma che ora dobbiamo, appunto, riporre in un cassetto: il concetto di sedentarietà, mentale, fisica e sociale. E’ necessario essere architetti di se stessi, il chè significa dotarsi di super poteri, di parti aggiuntive proprio come un cyborg. Significa non avere paura del cambiamento ma assecondarlo con volontà, una volta accettata la sua esistenza (necessaria) come componente fondamentale della vita e della società contemporanee.
Mentre riflettevo sul contemporaneo e su un futuro prossimo, d’un tratto mi è venuto da pensare al ragno.
Questo meraviglioso animale dotato di otto zampe è capace di ricostruire la sua condizione ideale (casa/fonte di cibo) ogni qualvolta gli si proponga una crisi. Il ragno ha in sé tutti i mezzi necessari per ricostruire la sua abitazione. Lo fa in poco tempo e senza ricorrere ad agenti o elementi esterni. Il ragno si mette subito all’opera, perché ne va della sua sopravvivenza. Per lui non c’è tempo da perdere.
Noi dobbiamo essere ragni.
Dopo aver ragionato sul ragno, mi è venuto da pensare ad un animale di invenzione. Durante la vigilia dello scorso Natale mi sono trovata a mangiare, per la prima volta nella vita, l’astice, un animale acquatico capace di ricoprire il diametro del mio piatto piano. Sono rimasta particolarmente colpita dalle caratteristiche meccaniche della sua forte corazza e, onestamente, l’idea di introdurlo nel mio corpo mi ha messo davanti a una dura prova. Ad ogni modo volevo provare questa curiosa esperienza e non mi sono tirata indietro. Ho dovuto fare ricorso a diversi strumenti, anche non specifici, quali lo schiaccianoci e il trinciapollo, per poter arrivare alla polpa commestibile. La fase di ingegno doveva essere di volta in volta alternata al test delle personali abilità pratiche. Il momento del processo che più mi ha colpito è stato quando finalmente, con le mie mani, ho staccato una zampa dal corpo principale: ha fatto crack!
E il liquido, dall’alimento, è arrivato fino al mio viso.
La vicenda, che ha interessato tutti i sensi, in particolar modo l’udito, il tatto e la vista, mi ha segnato talmente tanto da averla rielaborata in diversi sogni nelle notti successive.
Già dal giorno seguente ho voluto giocare con i resti della cena, per esplorare il trauma e per trovare nuove vie. La creatività sarebbe venuta in mio aiuto. Ho così selezionato i pezzi di corazza rimasti integri, nonostante la forza applicata, tramite i vari strumenti, durante la cena. Li ho accuratamente lavati e messi ad asciugare vicino alla stufa a legna. Successivamente ho assemblato le parti di questo animale (matrice esistente) per farne un animale di invenzione, immaginando la necessità di tutti gli esseri viventi di dover mutare insieme alle condizioni all’intorno. Di superare la crisi. Procedendo per tentativi ho cercato di trovare nuove soluzioni compositive, ad esempio ho posto una piccola chela sulla schiena del vecchio astice, che quasi pare una gru. Inoltre ho incrementato il numero degli occhi e aggiunto degli elementi molli e oblunghi sul muso, da cui pendono. In alcune parti di superficie sono state aggiunte delle borchie. Attraverso una lunga fase di assemblamento e la successiva cura della componente estetica è nata finalmente una nuova creatura, che ha superato il momento di crisi per mezzo di una trasformazione. Ora non è più astice, è qualcos’altro. Ancora non ha un nome.
Questo qui sopra è un testo scritto di getto, è la trasposizione in parole e caratteri del flusso di coscienza di una sera, un ragionamento libero, non guidato, in cui un’immagine si concatena alla successiva nel tentativo di sondare l’importanza di essere capaci di assecondare il cambiamento.