Noi siamo ospiti di un giardino, nel quale il 97,3% della biomassa è vegetale, il restante 2,7% è costituito per 2/3 da insetti e solo 1/3 comprende pesci, uccelli e mammiferi. La specie umana, con i suoi sette miliardi di esemplari, rappresenta soltanto lo 0,01% dell’intera biomassa.
Deproducers, Pianeta Verde, 2017
Eppure proprio questo 0,01% è stato capace di imporre un proprio modello di sviluppo che sta distruggendo tutto l’habitat. Il tema dell’ambiente e del baratro, dove progressivamente stiamo precipitando, è stato studiato e delineato con forza da anni, ma al tempo stesso siamo stati incapaci di assumere decisioni che puntino alla salvaguardia dell’ambiente e della specie umana. È la stessa natura, con la sua organizzazione, il suo modello di sviluppo e la sua armonia a offrirci una prospettiva per affrontare i problemi creati dall’umanità. Ma pare, salvo rare eccezioni, che l’uomo non sia capace di cogliere quello straordinario messaggio che ci viene offerto. È possibile trovare nuove soluzioni di gestione delle risorse naturali, per poter vivere la natura in maniera ecosostenibile, sfruttandone le potenzialità senza deteriorarla ma, anzi, migliorando la sua produttività e rispettando la sua forza generatrice.
Interessato alle questioni ambientali, da anni Marco Buratti porta avanti un lavoro di ricerca personale che parte da un costante reperimento di informazioni e sfocia in un’opera fotografica volta a documentare uno dei modi possibili di frenare questa discesa verso la devastazione, quello della bio-ricerca e della bioispirazione. I suoi scatti documentano l’ingegno umano che crea tecnologia osservando la natura e in aiuto ad essa, l’opera di architetti contemporanei che trovano ispirazione nella natura, il lavoro di scienziati ed esperti botanici che osservano le piante, studiano il comportamento di invertebrati per creare robot bioispirati, guardano al mondo animale e vegetale per creare tecnologie che aiutino la medicina.
Mostrare queste azioni e relazioni che si creano all’interno dei laboratori, vuole essere un ulteriore gesto di sensibilizzazione, in continuità con un interesse personale verso l’ecosostenibilità. Con questo lavoro di documentazione, infatti, il fotografo vuol far emergere l’umanità e la passione che muovono i ricercatori e le figure legate al mondo scientifico, per comunicare, in modo solenne e perentorio, che la natura e l’ambiente vanno rispettati, imparando dalle persone ritratte nelle fotografie, che a loro volta traggono insegnamento dalla natura, percorrendo la via giusta.
Immortalare la scienza vuole essere un ulteriore modo di comunicare quest’urgenza non solo portando all’occhio un’informazione, ma anche incoraggiando l’osservazione e l’osservanza della natura. Per questo, le fotografie di Buratti non sono solamente esercizi di estetica ma vogliono mostrare esempi positivi in cui la natura viene curata e osservata con rispetto, dando un input e comunicando un messaggio, che possa stimolare una riflessione coscienziosa oltre che testimoniare l’importanza del lavoro svolto dai centri di ricerca.
In natura c’è già tutto per vivere bene, la natura è un modello da imitare e da riprodurre ed è indispensabile per la vita. Lo scopo di questo progetto è proprio quello di fare un focus su questo ambito di ricerca, al fine di valorizzare un contesto che potrebbe davvero dare un contributo fondamentale per cercare una strada alternativa a quella che stiamo percorrendo.
Bioispirarsi è concepire la biologia come una fonte di ispirazione per sviluppare l’ingegno umano e trovare modelli più sostenibili per usare le risorse del nostro pianeta, per sviluppare tecnologie green. Le piante possono creare energia pulita, ridurre l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, ispirare architetture modulari e sistemi intelligenti senza un centro di comando.
Alberi, funghi e batteri possono aiutare l’uomo a combattere l’inquinamento dei terreni, delle falde acquifere. Le radici possono ispirare robot che analizzano e monitorano aree inagibili per l’uomo. I robot di domani sono ispirati al mondo della natura e sono sempre più simili agli organismi viventi, ad esempio in termini di comportamento, per le capacità sensoriali e per quelle locomotorie, per i materiali. Studiare alcune specie animali permette di ottenere nei soft robot delle abilità non immaginabili prima, come quella di crescere, di schiacciarsi, di rimarginarsi, di cambiare forma, di evolvere, aprendo nuovi scenari per realizzare robot integrabili con più facilità nella nostra vita quotidiana.
La biomimetica studia a fondo i principi biologici dell’organismo vivente scelto come modello di studio, con lo scopo di trasformare queste caratteristiche biologiche in soluzioni artificiali. La biomimetica rappresenta un settore di ricerca assai promettente in molti ambiti applicativi, dalla produzione di energia rinnovabile alla medicina, dall’industria tessile al design, all’architettura, per arrivare ovviamente alla robotica.
Spesso ci sfuggono le dimensioni della nostra dipendenza dalla natura e per questo dobbiamo osservarla e rispettarla di più.
Accanto all’obiettività scientifica, il lato umano è documentato sì in modo oggettivo, ma creando empatia attraverso il processo narrativo. Per quanto ogni scatto sia ponderato e rielaborato nella post-produzione, l’emozione arriva come un input tramite l’osservazione del risultato finale. I toni freddi, caratteristici della fotografia di Buratti e del suo modo di concepire la rappresentazione, puliscono l’immagine e limitano gli elementi disturbanti così da rendere tutto più nitido e comunicato in modo diretto