Spacelab | SPACELAB ZERO | Italia-Fermo

Il susseguirsi di fenomeni sismici nelle nostre aree geografiche ci impone di porre attenzione verso lo studio e la realizzazione di architetture temporanee per l’emergenza. Pronte per l’imminente soccorso degli sfollati, al fine di garantire qualità di vita privata e di relazioni sociali alle comunità per il tempo di attesa della ricostruzione.

 

È nota l’ampia bibliografia degli studi che si svolgono sul tema presso le università e i prototipi che si sviluppano, tuttavia, come ogni giorno emerge dai canali dell’informazione i container che colonizzano le aree dell’emergenza sono prefabbricati poco adatti ad ospitare famiglie, che generalmente vi sostano per lunghi periodi, anni, come sta accadendo nei territori di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio colpiti dal sisma del 2016.

 

Questo accade perché i prefabbricati scelti sono strutture che essendo utilizzate per un tempo lungo e non breve, lasciano emergere i difetti delle opere temporanee, spesso realizzate con materiali economici di seconda scelta, pensate senza considerare il clima, le condizioni locali e la qualità spaziale ed architettonica. Inoltre portano con sé i difetti del permanente, poiché non essendo autonome negli impianti obbligano l’intervento sul suolo con opere di urbanizzazione, sbancamenti e fondazioni come se fossero edifici tradizionali, aumentando il consumo di suolo e raddoppiando i sedimi di città, a volte anche utilizzando aree vincolate.

 

ZERO in questo scenario si connatura modello pragmatico, ponendosi l’obiettivo di essere una reale alternativa alle SAE realizzate per l’emergenza sismica nel Centro Italia, che intervenendo in territori sensibili senza scendere a compromessi, indaga qualità spaziali, compositive e di comfort abitativo dei moduli. Una risposta alle ferite ancora aperte che il sisma ci mostra, per iniziare a riflettere sulle azioni architetturali, culturali e tecniche da compiere, con visioni all’altezza dei pregiati contesti in cui le comunità si trovano ancora isolate.

 

ZERO viene sviluppata con il supporto di committenti privati, in partnership con aziende italiane ed internazionali per lo sviluppo e la prototipazione delle componenti. Presidio territoriale, un eremo aperto, che ritraccia gli archetipi del luogo, progettato seguendo la tradizione compositiva minore di solidi regolari con copertura a doppia falda, tradotta in un profilo e modularità planimetrica asimmetrici. Il volume è lineare privo di sporti di gronda, rassicurante nella geometria semplice in cui le sagome di aperture sono a filo esterno.

 

ZERO si compone nella combinazione distributiva di tre moduli dalle regolari geometrie, distinti e dimensionati per funzioni: modulo living di zona conviviale e soggiorno, modulo lodge di pernottamento e modulo service core dove sono compresi i locali di bagno, cucina, spazio impianti e batterie, protetti. Ogni volta i moduli sono ordinati secondo un assetto variabile, come adattamento all’ingombro previsto e alla geometria del sito.

 

I moduli compositivi coincidono anche con quelli strutturali, collegati su una griglia di base che comprende il sistema di ancoraggio e livellamento al terreno, i contrappesi strutturali, i serbatoi di raccolta e depurazione dell’acqua piovana e dell’acqua da disgelo. Siamo di fronte ad un intervento a residuo zero, installabile in tre giorni e completamente removibile, che non lascia traccia visibile o invisibile sul terreno.

 

L’esperienza del VIVERE TEMPORANEO che qui si pratica, è connaturato ai caratteri del progetto che indaga così il rapporto fra architettura e CONTESTI-LIMITE, come edificio in area di crisi, creando uno spazio transitorio di incontro, di innovazione culturale capace di animare i luoghi aperti del Parco. ZERO è uno spazio architettonico qualificato, che intende animare un territorio straordinario con azioni ed iniziative artistiche pubbliche di calibro internazionale. L’archetipo di avanzata ricerca, porta alla mente l’esperienza di Meme Meadows Experimental House di Kengo Kuma, rifugio sperimentale, dove morfologicamente ci si riappropria delle antiche morfologie e pratiche di gestione degli indigeni Ainu, in cui il corpo costruito è l’ente su cui vengono testate e periodicamente sostituite, componenti materiche nuove per verificarne l’efficienza nell’insieme della costruzione. L’azione sperimentale anche in ZERO ha l’obiettivo di verificare e monitorare sul campo prestazioni di materiali, impianti e soluzioni tecnologiche a impatto zero in un contesto con condizioni limite di velocità del vento, picchi di temperatura, soleggiamento ed innevamento. Quindi comprendere le possibilità di resistenza, resilienza e adattabilità di questa opera industrializzata leggera e di rapida installazione, con la prospettiva di un futuro reale riutilizzo altrove una volta terminate le condizioni che ne hanno attivato la realizzazione: impermanenza, reversibilità e riuso sono i temi che sono indagati e approfonditi. Quindi uno spazio solido ed effimero, adattabile e variabile, autonomo strutturalmente e per impianti.

 

Il proprio nome delinea un carattere di qualità e controllo completo di tutti gli aspetti che lo pervadono, un’efficienza che si svela nelle caratteristiche programmatiche del sistema: zero sprechi e zero residuo in fase di costruzione e post-rimozione, zero emissioni nella fase operativa dell’architettura, off-grid e senza necessità di allaccio alle utenze gas ed elettrica. L’intervento ha un impianto di fitodepurazione a ciclo stagno completamente rimovibile senza residui e che permette la perfetta aderenza alle norme igienico sanitarie dell’opera temporanea.

È autosufficiente dal punto di vista energetico in quanto ha pannelli fotovoltaici e un pacchetto di accumulatori che garantiscono la completa autonomia dell’edificio anche nelle ore notturne e in periodo invernale. In caso di tormente di neve e inefficacia dei pannelli fotovoltaici, sensori ottici integrati in copertura avviano, in presenza di ospiti all’interno, un generatore ausiliario che garantisce la ricarica degli accumulatori per almeno 3 giorni. Viene controllato in modo completo la LCA dell’edifico e dei materiali.

 

L’eremo aperto si fa MODELLO DEL VIVERE, sperimentazione di gestione del ciclo di vita dell’opera, prototipo performativo, energeticamente efficiente e residuo vitale delle componenti tecniche a soluzioni a ciclo chiuso, memoria applicativa e strategica per altri rifugi dell’area Appenninica. Manifesto concreto, sui Monti Sibillini di buona pratica, che dimostra come dare dignità alla vita umana rispettando l’eco-sistema in cui s’interviene.

 

 

 

Nome progetto | SPACELAB ZERO

Progettisti | arch. Luca Silenzi & arch. Zoè Chantall Monterubbiano | Spacelab

Località | prototipo 0001 in località Vetice, Motefortino (FM), Marche, Italia

Committente | Privato, in partnership con aziende italiane ed internazionali per lo sviluppo e la prototipazione delle componenti

Anno | concept e sviluppo 2019, progetto esecutivo 2020-21, realizzazione 2022